ISTITUTO COMPRENSIVO DI GENZANO DI LUCANIA

Una coomunity di apprendimento centrata sui problemi della scuola.

Monday, July 21, 2008

Forenza ha sviscerato il suo passato templare in un convegno

Il convegno “Normanni in terra di Lucania”, tenutosi a Forenza giovedì 5 giugno scorso, ha costituito un interessante confronto fra ricercatori di professione, a cavallo della più rigida ortodossia storiografica, e studiosi dilettanti (ma non meno determinati ed appassionati dei primi) convinti che seguendo logiche alternative si possa giungere a completare il ‘puzzle’ della ‘verità storica’ da tasselli fino ad oggi trascurati, quando non volutamente ignorati, dal mondo accademico.
Lilia Allamprese (dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Forenza) ha esordito, nel suo preludio, ricordando che “l’incontro va a concludere il progetto ministeriale ‘Sulle orme dei Templari’, teso a valorizzare le radici storiche del territorio tramite una capillare disamina della storia locale”.
Una valorizzazione ad ampio spettro che, per le prossime serate estive, non esclude neanche l’aspetto ludico. Difatti, è stata commissionata a Pina Mastrodonato (artista genzanese già distintasi in altre occasioni per la sua maestria) un dipinto su pergamena raffigurante l’antico ‘gioco dell’oca’. Ma si tratta di una ‘spirale’, scandita da invitanti ‘oche’, di fatto ‘sui generis’: le caselle sono tutte contrassegnate da immagini di storia locale: monumenti, personaggi ed eventi inerenti al sito forenzese. Frutto di un lavoro certosino che ha impegnato la Mastrodonato, armata di pennellini e colori ad olio, per oltre un mese. Quindi è stata fatta stampare una gigantografia del lavoro che sarà utilizzata per giocarci: già sabato, in occasione dell’ultimo giorno di scuola, ed in seguito nella villa comunale, ove resterà esposta.
“I ragazzi imparano meglio, divertendosi – ha precisato la giovane preside –, e solo conoscendo le proprie radici, ci si può proiettare in maniera positiva verso il futuro”.
D’accordo con lei il Sindaco Mastrandrea e l’assessore Lambo. I quali hanno ribadito il ruolo della scuola quale ‘magistra vitae’ e rimangono convinti della necessità di continuare ad investire in ‘cultura’, “poiché se è vero che ciò non paga nell’immediato – hanno precisato –, è anche certo che, nel tempo, restituisce con interessi alti; quindi occorre essere pazienti e lungimiranti se si vogliono ottenere risultati significativi e stabili”.
Mastrandrea ha sentito anche il bisogno di mettere in chiaro che “il presente convegno organizzato con tanto impegno della scuola e dall’Amministrazione, è da riguardarsi come una sorta di esperimento alchemico che da mitologia, storia, tradizione orale e qualche congettura più o meno fondata, mira a mettere in moto un ‘volano’ che possa servire a trainare la cultura e l’economia sia del paese che di tutto il territorio limitrofo”.
Un ringraziamento particolare è andato gli studiosi presenti, per l’interesse volto a Forenza nel far luce su un periodo storico che l’ha vista protagonista in vicende fondamentali per la storia dell’Europa.


Punto di vista della storia ‘ufficiale’ su ‘Forenza e dintorni’

Si sono profusi nel presentare una visione ortodossa del ruolo di questa parte della Basilicata in seno ai profondi mutamenti che continuamente rimodellarono gli ‘assetti geopolitici’ dell’ età medievale, Silvio Zotta ed Antonella Pellettieri. Il primo, ordinario di Storia Moderna presso l’Università di Napoli con una ‘lezione’ sulla storia di Forenza dai Longobardi agli Angioini: partendo dalla fondazione fino alla forma urbana trecentesca. L’altra, saggista e Dirigente di Ricerca al CNR, discettando con cognizione di causa attorno agli ‘Ordini religioso-cavallereschi’, un tema che – è stato la stessa Pellettieri a precisarlo – solo da vent’anni a questa parte, viene considerato non più come storia da lasciare ai margini poiché fortemente ideologizzata, bensì fenomeno indispensabile per comprendere un’ epoca che è stata cruciale per le sorti dell’Europa e che ha lasciato segni tangibili in molti luoghi, Lucania compresa.
Il punto di vista di Zotta è di tipo wittgensteiniano: su ciò di cui non si può parlare, è meglio tacere. Cosicché la sua rinuncia a conferire al paese natio un ruolo di spicco riguardo alla genesi dell’Ordine dei Templari è netta e sfrontata. Ma la storia che narra sull’origine di Forenza è precisa e basata su documenti; e, nel peggiore dei casi, su un’attenta analisi etimologica della toponomastica rurale. “L’evento cruciale – chiarisce nel corso della sua lunga esposizione – è quello dell’843: il territorio forenzese è sotto il dominio degli Alemanni (combattenti longobardi), i quali hanno imposto un feudalesimo basato sulla forza. L’arrivo dei Saraceni, induce qualche centinaio di uomini a rifugiarsi sulla montagna ed a fortificarla: nasce Forenza. Ma solo nel 1368 – continua Zotta – viene collocata, presso la chiesa di San Nicola, la prima campana: ciò significa che il Comune è finalmente in grado di autogovernarsi”.
Una storia senza infamia né lode, dunque, che vede comunque la zona del Vulture-Alto Bradano al centro di prove di forza tese a rovesciare equilibri tutt’altro che meramente locali.
Pellettieri è dello stesso avviso, ma il suo interesse è centrato su quanto si muove attorno ai diversi gruppi di ‘monaci armati’ che funsero da ‘guardia del corpo’ (e da incaricati al ‘ricovero’) per gli ingenti flussi di uomini che si recavano nei luoghi della Terra Santa in seguito al movimento delle Crociate. La studiosa del CNR non nega che la terra lucana, ed in particolare Forenza, abbia costituito un luogo di transito privilegiato (nonché base logistica strategica) per i Poveri Cavalieri di Cristo e per altri Ordini (“ad esempio, Melfi – dice – è stata probabilmente la prima Domus europea legata all’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme”), ma esclude categoricamente che Ugo dei Pagani possa essere identificato col fondatore dell’Ordine Templare.


Punto di vista ‘non ortodosso’ del ruolo di Forenza e delle zone limitrofe all’epoca del dominio dei Normanni e delle Crociate (Franculli, Glinni, Vernavà)

Canio Franculli, Emanuele Vernavà e Raffaello Glinni sono i relatori che hanno palesato una visione un po’ meno ortodossa riguardo al tema del convegno. I primi due, dirigenti scolastici appassionati di storia locale; l’ultimo, ingegnere di origini acheruntine residente a Roma, il quale ha iniziato ad interessarsi al tema compiendo ricerche sulle origini (nord-europee) della famiglia d’appartenenza.
L’esposizione di Franculli (“Il territorio lucano al tempo delle Crociate”), pur vertendo sui cardini principali dell’argomento è strutturata in maniera tale da trascenderli. La sua è piuttosto una meta-analisi dei fatti. “Perché – si chiede in sostanza lo studioso, già autore di saggi – nei libri di storia con la ‘S’ maiuscola non si parla mai di Lucania, nonostante l’epoca che stiamo affrontando sia ricca di fatti cruciali di importanza a livello europeo?” Senza contare quelli già palesati da Zotta e Pellettieri, Franculli ne cita uno che basta da solo a rendere l’idea: “nel 1089 – dice – presso l’Abbazia Benedettina di Banzi, Urbano II incontrò ben 32 Vescovi allo scopo di prendere importanti decisioni in merito all’imminente ‘guerra santa’, ma questo evento non è mai citato nei testi scolastici”.
La spiegazione che Franculli riesce ad offrire per questa sorta di ‘invisibilità’ del nostro territorio è semplice: la Lucania non viene nominata perché ‘non esiste’, ovvero non ha un nome, ed i suoi ‘luoghi’ passano continuamente dall’una all’altra delle regioni limitrofe, fino a perdere quasi consistenza. Ricostruire questa identità, secondo Franculli, deve costituire uno degli obiettivi principali di una ricerca storica che miri a cercare ‘verità’ che prescindano da “dogmi santificati”.
Specificatamente sui Templari, invece, la disamina di Varnavà, volta soprattutto a cogliere il dualismo caratterizzante di monaco-guerriero, armonizzato con sapienza da San Bernardo nella sua famosa regola scritta per l’Ordine. Una storia che non lesina in quanto a misteri ancora irrisolti (cosa rappresentava Bafometto, ad esempio?) ed a particolari assai suggestivi.
Infine Glinni. La sua è una visione un po’ esoterica; ma, da buon ingegnere, la presenta con rigore, avvalendosi dell’uso di un programma per computer, grazie al quale riesce a far vedere come, partendo da considerazioni di natura prettamente matematica, viene fuori la pianta della Cattedrale di Acerenza. L’algoritmo di base, applicato partendo da un rettangolo (particolare, ma non scelto a caso) si basa sulla reiterazione della nota regola del ‘rapporto aureo’, facilmente riscontrabile anche in natura, ad esempio nella disposizione dei semi in un girasole o nella spirale di una lumaca.
Glinni è convinto che i Normanni possedevano conoscenze che andrebbero riscoperte; grazie alle quali si potrebbe riuscire a far luce su molte cose, semplicemente cominciando a guardarle da una prospettiva diversa. E ciò, naturalmente, vale anche per quel che riguarda i Forenza e i Templari.
C’è fermento, insomma, sull’argomento. E ciò, in un modo o nell’altro, non può che far bene alla nostra Lucania.
Gianrocco Guerriero

Monday, July 14, 2008

Genzano comincia a ‘correre’ partendo da Roma


Il buon esempio è un ‘lievito’ che, più d’ogni altro, favorisce la crescita di una comunità. Anche per quel che riguarda lo sport: quello sano, praticato col solo intento di stare bene, nel corpo e nella mente. E così a Genzano, grazie alla semplice passione di un paio di atleti dilettanti, sta ‘prendendo piede’ – è proprio il caso di dirlo – la più semplice e salutare delle attività fisiche consone all’uomo: correre.
Un entusiasmo così grande da convincere, giusto una settimana fa, un nutrito gruppo di persone a recarsi a Roma per partecipare alla maratona ed alla stracittadina. Nella prima si sono cimentati Luciano Mastrodonato (53 anni che non sembrano tali, e con all’attivo già 70 gare), Michele Feo (odotoiatra 45-enne dal ‘pie’ veloce’) ed il giovane Gabriele Mazzoccoli il quale stavolta ha disputato un ottimo tempo, avendo tagliato il traguardo in appena 3,5 ore.
Hanno invece corso i 4 km per le vie della città i principianti del gruppo: Nicola, Giovanna, Maria Grazia, Serena, Anna e la piccola Giulia. Quest’ultima, di appena 12 anni, ad una settimana dall’evento, non ha ancora smaltito l’emozione.
“L’anno prossimo – dice Luciano, il quale in una occasione ha sfiorato le 3 ore – speriamo di riuscire a portare con noi altre persone alla ’42 chilometri’. E non tanto per la gara in sé, quanto piuttosto per la ricchezza educativa della fase d’allenamento, che potrebbe essere di vero sprone per vincere il lassismo dei giovani e la noia dei più adulti. Perché correre – conclude – oltre a far star bene, rende anche padroni di sé”.

Gianrocco Guerriero (scrittore e collaboratore de “la Nuova del Sud”)

Sunday, July 06, 2008

Il Dirigente dell'Istituto Comprensivo di Genzano va in pensione.


Il Dirigente dr. Donato Pepe, va in pensione e lascia la dirigenza del nostro Istituto.Lo salutiamo con riconoscenza per il lavoro svolto in tanti anni!
Dal 1° settembre 2008 il nuovo Dirigente Scolastico sarà il Prof. Vertulli Pasquale: a lui un cordiale benvenuto con l'augurio di buon lavoro !




Il Signor preside
vogliamo salutare
che in pensione è voluto andare,
stima e affetto dimostrare,
ad una persona da ammirare,
che pur senza abbracciare
tutti noi vogliamo ringraziare
ed un bel ricordo vogliamo conservare.
Classe 2 t.p. di Banzi










Alcuni momenti del collegio dei docenti del 30 giugno 2008





























Auguri dal gruppo Editing

Pranzo per la fine della scuola primaria

Antipasti
Articoli determinativi e indeterminativi.
Un pizzico di nomi astratti.
Una pagina di analisi logica e grammaticale.
Primo
Alpi, Appennini, Pianura Padana e mar Mediterraneo.
Secondo
Nave fenicia, colonia greca, Colosseo e Obelisco.
Contorno
Addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni decimali.
Frutta
Cuore, sistema linfatico e sistema scheletrico.
Dolce
Note musicali e accordi a volontà e per finire quattro salti in allegria e felicità.
Classe 5^ A

La vendetta del grillo

Un giorno d'estate una formica

trasportava, verso levante,

tutta sudata e con fatica,

di pane una grossa mollica.

Incontrò un grillo parlante

che aveva male a un ginocchio.

Aveva inciampato in un laccio,

teso da un marmocchio,

dietro una pianta di finocchio.

Come punire quel monellaccio?

Farlo scivolare su una buccia

di banana lasciata dall'amica

di una vispa bertuccia,

dal nome originale Mariuccia,

davanti a una grande ortica.

Classe 5^ B

Saturday, June 28, 2008

Laboratorio che passione!

Esperienze didattiche
Anche l’aula può diventare luogo di esperienze manipolative. Viaggiando nelle “trasformazioni”, gli alunni della 2^ C (sc. primaria) hanno voluto essere partecipi in prima persona del processo della panificazione e così hanno allestito in classe un piccolissimo laboratorio. Non solo hanno osservato ma hanno manipolato personalmente la pasta, hanno atteso due ore circa per la lievitazione e poi hanno infornato (in un fornetto a microonde) i panini che, una volta cotti sotto i lloro occhi, sono stati consumati in classe fra la gioia di tutti.



























Il pane
Il pane è la cosa migliore del mondo,
che sia lungo o tondo,
ogni forma che ci sia,
può essere di fantasia.

Se tu vuoi assaggiarlo,
ti viene voglia di mangiarlo.
Appena sfornato non lo puoi toccare
Altrimenti ti puoi scottare.

Se mangiamo anche il panino
Il suo gusto è sempre genuino.


Il pane
Il pane di Genzano
È genuino e sano.
Si fa con buoni ingredienti
Molto nutrienti.
E’ diventato quotidiano
Perché ogni giorno lo mangiamo.
A tavola sei il re
e tutti felici corriamo a te.


Gruppo delle classi quarte impegnato nel laboratorio espressivo.







Esperienze laboratoriali della classe 4 ^A, attraverso lo studio delle civiltà fluviali.





























Thursday, June 19, 2008

La Basilicata tra aspetti morfo-geografici, antropici e immagini poetiche.


Nel corso della storia la Basilicata è sempre stata una regione molto chiusa a causa del suo territorio con poche coste e pochissime vie di comunicazione. Il territorio di questa regione è prevalentemente montuoso, ricco di castelli, ci sono sull’Appennino lucano molti luoghi turistici belli da visitare e interessanti da vedere come Monticchio, che è visitato da turisti provenienti da tutta Italia. Invece si affaccia sul mar Ionio l’unica pianura, la piana di Metaponto. Anche su questa pianura ci sono posti bellissimi da visitare:Nova Siri, Metaponto, Policoro.
I fiumi sono molto importanti per la regione, sfociano tutti nel mar Ionio e sono di origine torrentizia.
I fiumi sono soggetti a piene rovinose che portano via lo strato fertile del terreno e creano ampi letti sassosi,le fiumare.
La fiumara è un corso d’acqua caratteristico dell’Italia Meridionale,a regime torrentizio e asciutto per la maggior parte dell’anno. I fiumi più lunghi e importanti sono:il Basento-149km,l’Agri-136km,il Bradano-114km e il Sinni-94km.
Un’altra caratteristica morfologica della Basilicata sono i Calanchi.
Il Calanco è un incavo,stretto e profondo prodotto su terreni argillosi dall’erosione delle acque di superficie.
La Basilicata è ricca di paesaggi naturali, infatti, troviamo l’alta montagna,le zone umide lungo i fiumi e le coste bellissime. Per proteggere tanta bellezza,nel 1993 è stato istituito il Parco Nazionale del Pollino.
Le piante più diffuse sono:pino nero,abete bianco,faggio,betulla,castagno,scarpetta di Venere e ginestra. L’agricoltura è poco redditizia a causa della morfologia del territorio.
Si coltivano per lo più frumento e cereali,oltre che patate,olive,uva(da vino),agrumi e,ultimamente,colture industriali,come tabacco e barbabietole da zucchero.
L’industria lavora principalmente i prodotti della terra:sono presenti sul territorio lucano oleifici,pastifici e stabilimenti vinicoli.
Negli ultimi tempi,però,grazie allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale e petrolio,sono sorti stabilimenti chimici,meccanici ed edili.
Il settore terziario è in via di sviluppo.
Gli abitanti della Basilicata sono 597 768,infatti è la regione più piccola dell’Italia Meridionale,con due sole province:Potenza che è il capoluogo di regione,e Matera che è il capoluogo di provincia.
Potenza è il capoluogo più elevato dell’Italia peninsulare,sorge nell’alta valle del Basento ed è situata a 819m sul livello del mare.
Matera sorge a 400m sul livello del mare.
Nella città vecchia di Matera si trovano edifici rupestri scavati nel tufo chiamati “I SASSI”.
Le caratteristiche abitazioni sono state abitate fino alla fine del 1953,quando ai residenti sono stati assegnati nuovi alloggi nelle case popolari.










(sasso barisano)
I Sassi di Matera sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO per la loro singolarità e storia.
Carlo Levi nel libro “Cristo si è fermato a Eboli” li descrive così:



“Questi coni rovesciati,questi imbuti,si chiamano Sassi:Sasso Caveoso e Sasso
barisano.
Hanno la forma con cui,a scuola,immaginavamo l’inferno di Dante.
Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone:dentro quei
buchi neri,dalle pareti di terra,vedevo i letti,le misere suppellettili,i cenci
stesi.
Sul pavimento stavano sdraiati i cani,le pecore,le capre,i maiali.
Ogni famiglia ha,in genere,una sola di quelle grotte per tutta abitazione e
ci dormono tutti insieme,uomini,donne,bambini e bestie.
Così vivono
ventimila persone.
Io non ho mai visto una tale immagine di miseria”.
[……]



(sasso caveoso)
Il territorio, non soddisfacente ai bisogni dell’uomo, ha prodotto, in passato, l’esodo della popolazione, che oggi non raggiunge i 600 000 abitanti.
Il settore primario è molto sviluppato: si coltivano viti da vino, olive, grano e cereali; adesso si stanno coltivando prodotti industriali e barbabietole da zucchero.
L’industria è in crescente sviluppo grazie alla FIAT, situata nella zona del melfese, mentre altre industrie di caseifici, oleifici e prodotti vinicoli, lavorano tutto quello che la terra produce.
Il turismo, invece, è in via di sviluppo grazie alla bellezza della flora e della fauna. Nel
1993,inoltre è stato istituito il Parco Nazionale del Pollino ai confini con la Calabria.
La Basificata è considerata dai suoi poeti, una regione povera, disabitata, e presentata di solito con un sentimento di tristezza.
Nella poesia di Rocco Scotellaro(sindaco di Tricarico), ”Lucania”, si può verificare quanto detto.


M’accompagnava lo zirlo dei grilli
E il suono del campano
al collo di
un’inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri
d’argento
e là nell’ombra delle nubi sperduto
giace in frantumi un
paesetto lucano.



La poesia, infatti, parla di come, in estate, poiché il clima è afoso ci sono numerosi grilli che “cantano”, di come l’economia è basata sulla pastorizia, poiché sente il suono del campanello al collo di un’inquieta capretta, del vento che sembra avvolgerlo di sottilissimi nastri d’argento, poiché in certi periodi dell’anno la regione è ventilata, e di come i paesi lucani stanno sperduti, soli, lontani gli uni dagli altri, abbandonati, e che come definisce il poeta giacciono in “frantumi”. Tutti questi aspetti però sono fortemente lucani. In un’altra poesia, ”Lucania”, di Giulio Stolfi, si parla invece della povertà lucana, del grano mangiato dalla gramigna, delle lacrime che i lucani hanno versato e della malaria, tipica delle regioni del sud che sembra spiare dai canneti, fanno pensare alla Basificata come ad una terra povera e disabitata.
Nella poesia di Leonardo Sinisgalli, ”I fanciulli battono le monete rosse”, si parla di un gioco tipico della Basilicata, ,quello appunto di lanciare le monete contro il muro e vedere qual è la moneta più vicina al muro,che poi viene indicata come moneta vincitrice,non solo ma di come si lanciano dolcissime ingiurie,al tramonto e tutto sembra avvolgerli in un fuoco di guerra.
Se si osserva bene e con attenzione nella poesia si possono cogliere gli aspetti corretti: il verde dei prati, i colori, i profumi, la voglia di giocare in libertà, tutte cose per me essenziali per la vita di una regione, La Basilicata mi piace così com’è e vorrei conoscerla meglio e scoprirne i contenuti storici, artistici,attestanti che è una regione ricca di storia. Ad esempio i toponimi Basilicata derivante dai Bizantini che la governarono attraverso il basilikos o i Lucani, antiche popolazioni che la abitarono in epoca romana.

Catena Mariangela
Pierpaolo Di Stasi
Marina Bruscella
Macchia Ylenia
Classe 1A sec. di primo grado

Thursday, June 05, 2008

L’acqua è un bene prezioso da cui dipende la vita.

Purtroppo l’acqua sta diminuendo a causa di vari problemi e noi non facciamo altro che consumarla ancora di più.
In realtà non dovremmo preoccuparci della carenza d’acqua perché essa è ovunque e ricopre circa il 70% circa del pianeta. Però di questa grande quantità oltre il 97% costituisce gli oceani e i mari, le cui acque salmastre sono per lo più inutili ai fini umani.
Del rimanente 3% costituito da acque dolci, la maggior parte è intrappolata nei ghiacciai polari mentre solo lo 0,25% è disponibile per il consumo umano che scorre nei fiumi o nelle falde sotterranee . Alla fine la quantità complessiva d’acqua, realmente disponibile per il consumo umano, si riduce a circa 13 000 miliardi di tonnellate. Secondo stime delle Nazioni Unite il fabbisogno giornaliero pro-capite per la sopravvivenza in un clima moderato è di 5 litri di acqua dolce, ma la quantità minima necessaria per lo svolgimento delle attività quotidiane (acqua da bere, cucinare, la pulizia domestica e personale) è dieci volte superiore, pari a 50 litri.
Moltiplicando il fabbisogno medio per il numero degli abitanti sulla Terra, pari a oltre 6 miliardi, ne consegue che la quantità d’acqua necessaria, è pari a circa 110 miliardi di tonnellate.
Come si sa l’acqua dolce non è distribuita in maniera omogenea sulla terra, basti pensare che, mediamente, un cittadino statunitense consuma tra i 250-300 litri d’acqua al giorno mentre in Gambia,uno stato dell’Africa Occidentale, la disponibilità giornaliera è di 4,5 litri, appena sufficiente per la sopravvivenza. Anche l’Italia è assillata da questi problemi infatti è la prima consumatrice d’acqua in Europa ed è la terza nel mondo dopo Usa e Canada. Nonostante questo, un terzo degli italiani non ha un accesso regolare e sufficiente all’acqua potabile (Puglia e Sicilia).
La disponibilità teorica annua nel nostro paese è di circa 155 miliardi di metri cubi, pari a 2700 metri cubi per abitante.
La maggior parte dell’acqua prelevata viene utilizzata in agricoltura e i nostri agricoltori consumano circa il 40% d’acqua per irrigare i campi. Anche nell’industria viene utilizzata l’acqua, infatti si consuma il 23,5%.
A questo si aggiungono l’inquinamento di alcune riserve idriche e poi le perdite lungo il percorso di tubature vecchie e mal ridotte che determinano moltissimi sprechi.
Con la mia classe quest’anno ho partecipato ad un progetto chiamato “ A.T.O.” che riguarda l’acqua.
La professoressa di italiano ci ha portato tante belle notizie tra cui “ LE DIECI REGOLE D’OROBLU”.
L’oroblu sarebbe l’acqua che fra qualche anno potrebbe diventare una risorsa pericolosa e costosa tanto quanto è oggi il petrolio.
L’oroblu ha molti significati nascosti e l’ accesso all’acqua significa :salute, pace tra i popoli, armonia sociale, ricchezza e sviluppo.
Ecco alcune regole d’oroblu:
1- raccogliere l’acqua piovana;
2- riparare il rubinetto che perde;
3- annaffiare le piante senza sprechi;
4- fare la doccia invece del bagno.
In classe abbiamo lavorato anche sui fontanini del nostro paese che sono una decina e sono stati realizzati a Milano nella fonderia
“ GALLIENI, VIGANO MARAZZA “ con sigla G.V.M.



Partecipare a questo progetto è stato fantastico; ho conosciuto nuove cose e ho avuto modo di confrontarmi con i miei amici.
L’acqua per me è tutto è la mia vita.
Ylenia Macchia 1°A Sec. di primo grado



I 16 fontanini

Notizie storiche

Nel testo di Domenico Sinisi,”Notizie Storiche sul comune di Genzano”, edito negli anni ’30, tra le altre cose si legge: “... Genzano è stato uno dei primi paesi della provincia di Matera che ha avuto l’acqua da Fossa Cupa (Fosso de la Signora), per cui ben 10 fontanini danno la preziosa linfa a tutto il paese, ...”.
Questa testimonianza attesta l’importanza dell’acqua per un piccolo paese del Sud all’inizio del ‘900, non solo, ma anche l’opera di canalizzazione di offerta popolare che i fontanini garantivano alla popolazione. I fontanini, nel contesto sociale del paese avevano un’importanza rilevante: erano punto di incontro per le donne alle quali spettava il compito di svolgere le faccende domestiche; erano occasioni d’incontro per fidanzati, determinavano scambi sociali, informazioni e pettegolezzi.

Collocazione dei fontanini


Sagrato della chiesa Madre (attivo)
Via San Leonardo
Porta Mezzogiorno
Piazza Risorgimento
Piazza Duca d’Aosta (attivo)
Piazza Margherita
Via Domenico Cirillo (attivo)
Via dei Mille
Via Leonardo da Vinci
Corso Umberto I (distributore Api)
Parco della Rimembranza (attivo)
Piazzetta Cimitero (attivo)
Piazza Woytila (attivo)
Piazza dei Caduti (attivo)
Vico fratelli Bandiera
Via Carducci



Scheda tecnica di un fontanino
• Provenienza: Milano
• Epoca: 1922 – 1945
• Autore: Gallieni, Vigano, Marazza
• Misure: fusto (1,26 m); diametro vaschetta : (0,86 m); capitello : (0,14 m)
• Stato conservazione: discreto
• Materia: metallo (lega di ferro)
• Tecnica: fusione, sbalzo, cesello

Descrizione: il fontanino è formato da tre parti:
in basso una vaschetta semicircolare decorata da baccellature, presenta all’interno una griglia di supporto per i secchi;
il fusto, a forma di parallelepipedo è decorato in basso da un fregio a palmette d’acanto e reca lo stemma del fascio littorio;
alla sommità del fontanino è posto un capitello a forma di parallelepipedo rovesciato con fregi floreali.

Fontanino Piazza Duca d’Aosta














Fonti e fontane
A Genzano abbiamo molte fonti d’acqua. Le più conosciute sono: la “Fontana Cavallina” che era ed è il simbolo di Genzano; “Capo d’Acqua” il posto in cui le donne andavano a lavare i panni. Altre fontane sono: la “Viscigliola”; “Pila Grande”; “Pila mnenn”; la fontana di “Paparesta” attualmente sommersa da una frana; fontana “Vetere”; pilone “Grottarelle”, le “Fontanelle”; fontana “Rumita”; pilone di “Siano” ; il pilone della “Curva Mancina” e il “Rovettiere”.



Fontana Cavallina
Il monumento è situato all’inizio del “Vallone dei Greci”, uno dei tre valloni che circondano il paese. Ha la forma di anfiteatro semicircolare, con struttura a mattoni pieni, senza intonaco e con cordonatura superiore in pietra viva. Ha il pavimento fatto di selciato, cordonato con pietre vive, che si estende alle due rampe di accesso. Il muro interno delle rampe inizia e termina con un pilastro su cui poggia un basamento quadrangolare portante una pigna in pietra viva. Questo muro è intervallato da sette pilastri equidistanti tra loro; sovrapposti ad essi vi sono delle colonnine in pietra alte circa mezzo metro. Le tre colonnine della parte centrale servono a fissare una ringhiera di protezione in ferro battuto.
All’interno della struttura ad anfiteatro è inserita una costruzione in stile neoclassico, sormontata da una statua in marmo raffigurante la dea Cerere, comunemente detta “Santa Abbondanza”.
La fontana è alimentata da una polla inesauribile di acque sorgive provenienti da tre direzioni diverse.
Inaugurata nel 1893, è stata riprodotta, nel 1978, sul francobollo da 120 Lire della serie “Fontane d’Italia”.









La dea Cerere “Santa Abbondanza”Reperto archeologico databile tra il 1° secolo a.C. e il 1° secolo d.C. rinvenuto nel 1886 nella contrada Pila Grande, dove sorgeva l’antica città di Festula.
La statua, artisticamente scolpita su pietra viva, è alta circa un metro e mezzo.
Nella sua originaria interezza, con una mano teneva sospeso il lembo della tunica e con l’altra stringeva un manipolo di spighe di grano. I lavori di costruzione della fontana iniziarono nel 1865/66, mentre era sindaco Nicola Saverio Polini.
Nel 1869 i lavori furono sospesi perché si accusava l’amministra-zione di sciupare inconsideratamente il denaro comunale.
Nel 1874 i lavori furono ripresi e, il 3 settembre 1893, essendo sindaco il cavalier Francesco Saverio Cardacino, la fontana venne solennemente inaugurata; oratore ufficiale fu Pasquale Albani.


Scuola sec. di I^° grado

La quercia

La Quercia solitaria
C’ era una volta una quercia che era stata piantata in una zona di periferia della città. Era sola, non aveva amici e per questo era sempre triste. Passarono i mesi e gli anni e non vedeva mai nessuno. La piccola quercia desiderava con tutta se stessa vedere qualche essere vivente, un altro albero, un animale, un umano perfino. Un giorno vide qualcuno avvicinarsi in lontananza,’’ Possibile ? ‘’, pensò , le sembrò fantastico: era un piccolo esemplare di uomo. Dapprima fu contenta , ma poi ricordò che gli uomini erano distruttori: incendiavano la natura, tagliavano gli alberi . Cominciò a preoccuparsi .
Intanto il bambino si era avvicinato e si sedette all’ombra della sua folta chioma per riposare appoggiando la spalla alla sua dura corteccia. La quercia, che aveva una voglia matta di avere un amico , cominciò a parlare. ‘’Mi chiamo Quercia e tu chi sei?” Il bambino impaurito si guardò intorno, ma non vide un’anima viva , chi dunque aveva parlato ? “ Sono io , la quercia” . Il bambino non riusciva a credere ai suoi occhi, e alle sue orecchie …. era davvero l’albero a parlare!! . Il bambino timoroso chiese :”Ciao io sono Alessandro , è strano tutto ciò , non ho mai parlato con gli alberi” . Fecero presto amicizia.
Quercia era contenta per questo meraviglioso evento, iniziò subito a vedere Alessandro come l’amico perfetto . Per diversi giorni Alessandro andava a trascorrere con lei diverse ore, in cui parlavano molto .
Un giorno Alessandro diede la triste notizia alla sua amica : doveva partire in una città molto lontana, questo voleva dire che non potevano vedersi più . La quercia si rattristò , ma il bambino le promise che un giorno sarebbe ritornato da lei.
Passarono i mesi , gli anni e la quercia ormai cresciuta , aspettava sempre il suo amico . Un giorno quando ormai aveva perso tutte le sue speranze, vide in lontananza un vecchio con due bambini. Riconobbe nel viso rugoso, gli occhi del suo amico: era ritornato! La quercia fu contentissima di riaverlo lì con sé , ancor di più quando conobbe i suoi nipotini. Raccontò loro del nonno e della loro amicizia. I nipotini non si stancavano mai di ascoltare i racconti della vecchia quercia …
Da quel giorno la quercia non soffrì più la solitudine perché i tre amici non lasciarono più quel luogo: i bambini erano soliti trascorrere buona parte della giornata ad ascoltare i racconti della loro “amica” oppure a giocare all’ombra della sua folta e frondosa chioma.
Eugenia Bruscella, classe IIB Scuola sec. di primo grado, Genzano
LA MIA AMICA QUERCIA

Quando il tempo lo permette sono solita andare nel bosco macchia con mamma a raccogliere fiori. Un giorno mamma si inoltrò per un viottolo scosceso, raccomandandomi di aspettarla dov’ero .Ero sola, ad un tratto fui attirata da una cantilena triste, proseguii un po’ più in là e trovai una bella e maestosa Quercia. La cantilena arrivava da lei: si lamentava. Stentavo a crederci, poi lei mi parlò:
“ Ciao,mi chiamo Quercia e sono qui da anni”. Le chiesi perché era triste e lei “Sai ho vissuto una triste storia ”. La pregai allora di raccontarmela chissà, forse avrei potuto anche aiutarla! Lei a questo punto parlò: “ Ho vissuto, quando ero solo una piantina,in una casa dove le persone che la abitavano, mi curavano con tanto amore .Poi però sono diventata grande, i miei rami arrivarono a toccare il soffitto” “Devi sapere che in casa avevo un’amica che si chiamava Susy, era una dolce ragazza che mi teneva compagnia,però arrivò un giorno in cui mi portarono con un camion in un bosco. Da allora non ho più visto la mia amica, mi manca molto e sono sempre triste. Ecco perché mi hai sentito piangere, ho bisogno di un’amica che mi voglia bene e mi venga a trovare” Così io le dissi: “Non ti preoccupare,da oggi la tua amica sarò io” . A queste parole la maestosa quercia si mise a piangere di felicità e il suo pianto non era acqua ma resina. Da quel giorno vado sempre a trovarla e chiacchieriamo molto insieme.
Ludovica Mente, classe II B
Scuola secondaria di primo grado Genzano

L’albero dei bambini

Ciao io sono la Quercia l’albero più anziano e più saggio del bosco. Ora vi racconterò la mia storia e tutte le mie avventure. Ero un piccolo seme quando fui piantata qui da due contadini. Essi mi innaffiavano e mi curavano finché diventai un piccolo alberello. Quando i due contadini morirono il figlio si prese cura di me e,siccome non aveva amici desiderava tanto che io diventassi umana per fargli compagnia. Una sera una fatina arrivò dal bimbo e fece avverare il suo desiderio così io presi vita. La mattina seguente il bambino mi osservava e così io cominciai a parlargli, lui fu contento e diventammo amici. Io gli raccontavo storie di animali, di piante, fiori….e lui mi raccontava le storie dei suoi amici. Eravamo felici,ma il bambino un giorno si ammalò e per febbre forte morì. Io rimasi solo in questo bosco,perché gli altri alberi non parlavano. Ma un giorno anche il mio desiderio si avverò,tutto il bosco prese vita. Potevo finalmente conversare con il pino, mio vicino, con la margherita che abitava sotto la mia ombra. Raccontai a loro la mia storia e da allora i miei amici alberi mi chiamano “L’albero dei bambini” .
Da quel giorno tutti i bambini vengono sulle mie radici per ascoltare le mie storie”

Delia Petracca

Scuola secondaria di primo grado Genzano , classe IIB

LA QUERCIA E IL CONTADINO

Un contadino che abitava in campagna un giorno piantò degli alberi nel suo podere molto spoglio. Quando questi crebbero il contadino notò che uno di questi aveva qualcosa di diverso dagli altri, ma non riusciva a capire cosa .
Arrivò la sera e mentre l’uomo in casa si stava riscaldando al fuoco del camino sentì un rumore, andò a vedere alla porta ma non c’era nessuno. La mattina dopo con sua grande sorpresa vide che una quercia si era spostata dalla sua posizione originaria: il contadino non capiva come poteva essere successo!
La sera seguente il contadino sentì di nuovo gli stessi rumori ,andò alla finestra e sbalordito vide l’albero che camminava quasi avesse le gambe” Dormo o son desto ? “si disse il pover uomo. Per accertarsi meglio si avvicinò alla quercia facendo finta di tagliarle i rami: voleva vedere la sua reazione. Ma aveva appena preso l’ascia in mano, che l’albero gridò “Fermati ! Fermati ! “ Il contadino fu sorpreso e chiese chi fosse e cosa voleva da lui, ma l’albero non rispose più .Il contadino credette allora di aver sognato, ma rimase in lui un non so che di paura per quell’albero “ strano” che ogni giorno trovava in un posto diverso. Che avesse le gambe?
Un giorno avvenne che il contadino dovette andare in città per vendere alcuni prodotti del suo podere, caricò il suo carro, preparò il cavallo e si mise in cammino, la quercia intanto lo seguiva di nascosto. Ma sfortuna volle che durante il tragitto ci fu un gran temporale, la strada franò e il povero contadino stava precipitando in un burrone, ma la quercia lo afferrò con i suoi rami lunghi e forti e lo portò in salvo. Da allora il contadino e la quercia divennero grandi amici.
E’ proprio vero che gli alberi sono la salvezza e la vita degli uomini!! .
Bonifacio D., Di Bono G., Marino G.
Scuola secondaria di primo grado Genzano , classe IIB





Thursday, May 01, 2008

I docenti e gli alunni dell''Istituto Comprensivo di Genzano esprimono grande solidarietà al Dirigente scolastico dr. Donato Pepe.




























Gli alunni della classe 2^B e le ins. Grazia Di Stasi, Maria Pinto, Maria Marcoppido, Maria Cancellara













Gli alunni della 2^A e le ins. Luisa Lasala, Titina Muscillo, Patrizia Ronca

Giovedì pomeriggio Chieppa si è esibito ad Acerenza a scopo di beneficenza


Nel pomeriggio di giovedì, ultimo giorno di esposizione presso il Museo Diocesano della collezione “La danza della vita”, Francesco Chieppa, circondato dalle sue stesse opere e da un pubblico estasiato, ha dato un’ulteriore prova della sua forza pittorica istintiva.
La tela bianca che lo attendeva era di ragguardevoli dimensioni: due metri per uno e sessanta. Lui – dopo un’accurata presentazione di don Gaetano Corbo e di Angela Menchise – è arrivato serio e concentrato, testa bassa, occhiali scuri, solo con sé stesso, e pronto a riversare su quell’enorme spazio vuoto, con i soli colori e le mani nude, l’abbozzo di idea partorito nel proprio spazio mentale.
Ha preso a guardarlo e ad accarezzato, il bianco ‘terreno’ del suo lavoro; quindi è partita una musica, decisa e dura come le tinte che gli sono congeniali; ed allo stesso ritmo di quella, ghirigori sinuosi di pigmenti, ottenuti spremendo direttamente i tubetti, hanno cominciato ad invadere la tela. Fucsia, rosso, bianco: un tramonto di savana ha preso forma, spalmato con frenesia a dita unite; poi azzurro intenso per le montagne lontane; giallo, verde, marrone, più sotto; finché anche quattro fenicotteri assolati si sono animati, sulla riva di uno stagno; ed infine, la mano è tornata a delineare una cima innevata che osserva il tutto dall’alto: quella del Kilimangiaro.
Appena tre quarti d’ora per far arrivare non solo i colori, ma quasi anche gli odori e i suoni, di un pezzo di lontana africa nella sala acheruntina. “Si dice che sia la terra-madre dell’umanità, questo continente dimenticato dalle società tecnologicamente emancipate”, ha tenuto a precisare l’artista a conclusione della performance. “Io ci sono stato e l’ho amata; e stasera – ha continuato – una motivazione forte mi ha spinto a rivisitarla con la memoria per offrirla a tutti voi”.
La motivazione cui il maestro espressionista ha fatto menzione ha a che fare con un piccolo villaggio della Guinea-Bissau, gemellato con Acerenza grazie ad una missione cattolica ivi insediata ormai da decenni grazie al sacrificio di Padre Antonio Grillo e di tante altre persone. Si sta cercando di costruire una scuola, a Bafatà, ma di soldi ne servono ancora tanti. E Chieppa ha deciso di esibirsi affinché il ricavato della vendita del quadro venga devoluto in tal senso.
“Ora – ha concluso il Vescovo Giovanni Ricchiuti – attendiamo che qualcuno si faccia avanti ed offra la sua solidarietà in cambio di una così pregevole opera, venuta fuori in un incontro intriso di spiritualità e caratterizzato dalla contemplazione di un atto creativo che, in quanto tale, sa di divino”.

Intanto, i ragazzi dell’ Istituto Comprensivo di Genzano e Banzi, nei giorni scorsi, dopo aver visitato la mostra hanno messo da parte oltre 300 euro e li hanno consegnati al Vescovo, affinché siano aggiunti alla somma che verrà fuori dall’asta (prezzo base, 4mila euro) tutt’ora in corso. Il loro è stato un piccolo lodevole esempio di solidarietà umana che si spera venga imitato.
Gianrocco Guerriero