ISTITUTO COMPRENSIVO DI GENZANO DI LUCANIA

Una coomunity di apprendimento centrata sui problemi della scuola.

Friday, December 21, 2007

Il telefono cellulare

I telefoni cellulari furono introdotti intorno al 1980: in Svezia, dalla Erixon, in Finlandia dalla Nokia e negli Stati Uniti dalla ATET. Il primo sistema della telefonia mobile era basato sulla suddivisione del territorio in una serie di celle ognuna con una stazione ricetrasmittente. Nel 1992 è stato inaugurato il sistema G.S.M che, utilizza la tecnologia digitale nelle trasmissioni. Il G.S.M. si basa sul concetto che è la vera mobilità ed è data da una tessera a MICRO PROCESSORE che contiene i dati identificativi dell’utente e del su o codice personale inserendo la tesserina in un telefono qualunque e componendo un codice, il terminale viene abilitato perché il sistema riconosce l’utente e addebiterà la chiamata al possessore della tessera.
Il cellulare è composto esternamente da: un piccolo schermo a colori, nella parte superiore; una tastiera alfa-numerica. Nella parte inferiore, composta da dodici tasti più altri sei o otto che servono ad accettare chiamate, rifiutarle, selezionare opzioni e scorrere nel menù telefonico.
Il cellulare inoltre, può essere di varie dimensioni: ce ne sono di minuscoli, di grandi, di media misura e di altre forme. I colori dei cellulari vanno dai più sgargianti ai più cupi e dalle tonalità cromatiche più serie alle più vistose. Oggi, dei cellulari, più che un uso se ne fa un abuso: oltre a chiamare vengono usati per fare foto, video, navigare in internet, mandare messaggi e persino guardare la TV. Si è perciò perso il valore essenziale del telefono, cioè chiamare per necessità.



IL TELEFONO DISTURBATO

C’era una volta un cellulare che era stato regalato da poco tempo a un bambino di nome Mario. Quando andava in palestra aveva l’abitudine di lasciarlo sempre sul caminetto. Un giorno però venne disturbao da uno squillo. La mamma di Mario corse frettolosamente in cucina a rispondere. Dopo aver finito la telefonata, il cellulare piano piano si avvicinò a quello strano aggeggio e gli chiese:, Il cellulare dopo aver sentito queste parole, lo consolò, e così diventarono amici!



IL CELLULARE
Sono bello, utile
E non mi ritengo per niente futile.
Il mio nome è assai popolare
E mi chiamo cellulare.
Sono speciale
Perché il mondo
Giocando
Racchiudo
E schiudo
Faccio anche video, foto
E non solo:
la TV si può guardare
e messaggi si possono inviare;
si può ascoltare
anche la musica
tanti sono i generi
di oggi e di ieri.
Io, col cellulare
Altro posso fare
Ma soprattutto posso telefonare
E la voce di tutti ascoltare.


5 A


Il telefonino e le scarpe di Van Gogh
Cos’hanno in comune, vi chiederete, un paio di logore scarpe da contadina dipinte da Van Gogh ed un moderno telefonino, poniamo, l’ultimo modello superaccessoriato ed iperfunzionale?
Niente. Purtroppo, niente! E non per il banale motivo che un telefonino è un telefonino ed un vecchio paio di scarpe non è altro che un vecchio paio di scarpe. La diversità sulla quale vorrei focalizzare l’attenzione è molto più profonda e trascende quella strettamente legata alla funzione per la quale i due oggetti sono stati concepiti: riguarda, piuttosto, la loro diversa modalità di essere mezzo, ovvero il loro diverso rapportarsi a ciò che chiamiamo uso.
Sembra un gioco di parole, ma non lo è, come andremo subito a vedere.
Il paio di scarpe in questione -o meglio la loro rappresentazione figurativa- è analizzato da Martin Heidegger nei suoi Sentieri interrotti (titolo originale: Holzwege), precisamente nel primo capitolo del libro, in cui il grande filosofo tedesco si interroga a proposito dell’origine e dello scopo dell’opera d’arte. Ebbene, in estrema sintesi e semplificando al massimo, Heidegger si chiede se non possa essere l’opera d’arte la fonte a cui attingere per afferrare la verità che sta sotto all’apparire delle cose e, per verificarlo, prende a titolo d’esempio un paio di scarpe da contadina , scarpe apparentemente insignificanti, ma che rivelano inesorabilmente la loro usabilità, il loro essere un mezzo e non più di un mezzo.
La contadina –afferma Heidegger- nell’utilizzare quelle scarpe, durante il duro lavoro nei campi, non pensa ad esse, le dimentica. Ed è proprio in tale dimenticanza che risiede la verità dell’essere scarpe in quanto mezzo! In tal modo, quindi, a Van Gogh, nel suo dipinto, sarebbe riuscito di palesare la verità del banale oggetto d’uso quotidiano grazie alla nudezza di una rappresentazione che evoca l’uso e nient’altro che l’uso.
In quanto al telefonino, invece?
Beh, se per le scarpe forse vale ancora (nella maggior parte dei casi ed escludendo, naturalmente, le donne non contadine!) la dimenticanza heideggeriana, non altrettanto potrebbe dirsi a proposito del recente telefonino. Infatti, sarebbe possibile definire quest’ultimo un mezzo, quindi secondo il punto di vista sopra esposto possiederebbe la sua porzione di verità, allorquando noi riuscissimo a dimenticarci della sua esistenza durante l’uso (abuso?) che ne facciamo quotidianamente. Ma così non è! Il telefonino noi ce lo guardiamo, lo osserviamo in quanto oggetto, lo giudichiamo, lo condanniamo quando rimane indietro nel vortice del tempo tecnologico e lo sostituiamo ancora perfettamente funzionante.
Il telefonino, ci piace!
Ecco, dunque, qual è la vera differenza, quella più profonda, che intercorre fra quest’ultimo oggetto e la raffigurazione pittorica delle scarpe di Van Gogh: le scarpe sono un mezzo in quanto mezzo e questo è il succo della loro verità; il telefonino, invece, per come è concepito, al pari della stragrande maggioranza dei prodotti dell’era consumistica, non ha verità heideggeriana, è un semplice attributo dell’apparire.
Sia chiaro, mi annovero fra i peccatori, e chi si sente puro, scagli la prima pietra!
Tutto questo discorso era solo per rendere consapevoli che le differenze fra gli oggetti esistono, ma che per scoprirle, spesso, occorre andare un po’ più a fondo della mera apparenza.
Come, appunto, accade per il telefonino e le famose scarpe impresse sulla tela da Van Gogh.

Gianrocco Guerriero

1 Comments:

  • At 8:59 PM , Anonymous Anonymous said...

    Thanks for writing this.

     

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