IL PICCOLO DARIO E BABBO NATALE
Dario ha dieci anni, frequenta la quinta elementare ed è convinto dell’esistenza di Babbo Natale. Io e lui, sin da quando aveva circa tre anni (e già parlava bene lasciando presagire una naturale predisposizione per il pensiero astratto) passavamo molte ore assieme, senza mai annoiarci: fra discorsi, piccole magie e fantasticherie di ogni sorta. Per essere solo un nipotino acquisito, lo sentivo già legato a me da troppe ‘affinità elettive’, magari spiegabili con la naturale distribuzione gaussiana, nella specie, di determinate caratteristiche secondarie più o meno (s)vantaggiose per la sopravvivenza. Peculiarità caratteriali che, grazie al condizionamento empatico di qualche ‘essere affine’, riescono a manifestarsi più precocemente.
Il legame che mi unisce a Dario, dunque, per certi versi, è molto più profondo di talune parentele reali. Del resto, se qualcuno dovesse chiedermi quali siano stati, nel tempo, i miei migliori amici, coloro che mi hanno dato di più, mi ritroverei a dover rispondere “Spinoza, Schopenhauer, Platone, Mann, Hesse, …”, giusto per citarne qualcuno. Tutte persone conosciute solo attraverso parole scritte su asettiche pagine bianche; eppure per me fondamentali anche a livello di crescita emotiva, poiché i rapporti fra gli uomini, ancorché unilaterali, quando sono autentici se ne infischiano dell’età, dello spazio e degli ‘oceani’ di tempo che li separano.
Ma torniamo a Dario. Evidentemente il tema di Babbo Natale con lui non lo affrontavo da diversi anni; me ne sono reso conto alcuni giorni fa (scrivo a metà novembre), quando tirando fuori dal borsello, in sua presenza, il mio Moleskine (un noto, funzionale ed elegante taccuino) e notando che egli sgranava gli occhi osservandolo, l’ho rassicurato che per Natale gliene avrei regalato uno uguale; e per tutta risposta, mi sono sentito dire: “Che c’entri tu!, vuoi dire che Babbo Natale, me lo regala?”.
Devo confessare di aver temporeggiato non poco, prima di replicare. Mi sono tornati in mente gli occhi furbetti della sua sorellina Diana, di due anni più piccola, che già tradiscono una serena consapevolezza di quella che potrebbe essere la ‘realtà’ dietro al ‘rituale’, seppure unita al piacere di ‘stare al gioco’. Ed ho ripercorso le tappe salienti del mio personale immaginario infantile: per anni fui roso da dubbi e lacerato da incoerenze, che ‘ i grandi’ non si preoccupavano più di tanto di mascherare, in merito alla figura di Babbo Natale; arrivando persino a fare la spia dall’uscio della mia cameretta, nella notte fra il 24 ed il 25 dicembre, con l’intenzione di sorprenderlo in flagrante.
Poi, dopo questo breve excursus nei mari confusi della memoria, ho guardato Dario negli occhi ancora spalancati e resi più luminosi dai suoi occhialini alla Harry Potter, e mi sono scusato con lui, rassicurandolo sulle mie intenzioni: ovvero che avrei chiesto a Babbo (come lo chiama da sempre in tono amichevole) di portargli il piccolo dono. Quindi, cingendogli le spalle con un braccio, e con espressione complice ma pensierosa, gli ho detto che comunque qualche problema di carattere prettamente logico, sulla figura di Babbo Natale, era arrivato il momento di prenderlo in considerazione. Che abiti al Polo Nord, come si è premurato di ricordarmi, mi è parso giusto poterglielo accordare senza obiezioni. “Ma – gli ho chiesto –, come fa il pover’uomo a consegnare tutti quei doni in giro per il mondo, quand’anche concedendogli il vantaggio dei fusi orari, e quindi in appena due notti?”. Così gli ho prospettato l’ipotesi che egli, in qualche modo, possa riuscire ad avvalersi delle leggi della Teoria della Relatività di Einstein, al fine di poter operare in tutta tranquillità a ‘tempo dilatato’; oppure…, stavo continuando, intento a sciorinare qualche altra stramberia teorica della fisica dell’ultimo secolo, quando lui, con l’entusiasmo di un piccolo scienziato ansioso di esporre le sue prime scoperte, mi ha bloccato per dirmi che il problema lo aveva già risolto: in breve, mi ha spiegato che Babbo Natale, tramite un processo che potremmo definire di auto-clonazione, non fa altro che proiettare la propria coscienza in innumerevoli immagini di sé stesso (che evidentemente poi ‘si lasciano scivolare’ in tanti folti gruppi lungo i meridiani), in maniera tale da poter essere presente ovunque quasi nello stesso istante. Ed a tal punto, non mi è rimasto che ammettergli la plausibilità della teoria e rimandare ad altri tempi una eventuale opera di dissuasione.
Del resto, mi sono detto una volta rimasto solo, certe acrobazie teologiche medievali (prove ontologiche comprese), non erano meno difficili da far accettare al comune buonsenso. E poi, quante volte ancora oggi ci si ostina a costruire impalcature intellettuali, per cercare di nascondere a sé ed al mondo che, il più delle volte, ‘il Re è nudo’?
La mente umana non è certo avulsa da concetti quali l’ ‘onniscienza’ e l’ ‘onnipresenza’, necessari a Babbo Natale per carpire i desideri nascosti nelle menti dei bambini ed esaudirli tutti in una notte. Inoltre, la Meccanica Quantistica e la Teoria delle Stringhe, nel loro tentativo di dare una ‘forma’ al mondo, sono ben più complesse della spiegazione di Dario ai misteri della magica notte dicembrina. Che, peraltro, ben si inserirebbe in una visione olografica dell’universo ‘à la David Bohm’.
Perché, dunque lasciare un calderone stracolmo di credenze immutato, togliendo solo a Dario, il suo amato Babbo Natale?
Anzi, nel formulare a tutti voi i miei migliori auguri, mi viene spontaneo, a questo punto, invitarvi a mettere nero su bianco i desideri più impellenti.
Mistero in più, mistero in meno, non si sa mai…
Gianrocco Guerriero



Il legame che mi unisce a Dario, dunque, per certi versi, è molto più profondo di talune parentele reali. Del resto, se qualcuno dovesse chiedermi quali siano stati, nel tempo, i miei migliori amici, coloro che mi hanno dato di più, mi ritroverei a dover rispondere “Spinoza, Schopenhauer, Platone, Mann, Hesse, …”, giusto per citarne qualcuno. Tutte persone conosciute solo attraverso parole scritte su asettiche pagine bianche; eppure per me fondamentali anche a livello di crescita emotiva, poiché i rapporti fra gli uomini, ancorché unilaterali, quando sono autentici se ne infischiano dell’età, dello spazio e degli ‘oceani’ di tempo che li separano.
Ma torniamo a Dario. Evidentemente il tema di Babbo Natale con lui non lo affrontavo da diversi anni; me ne sono reso conto alcuni giorni fa (scrivo a metà novembre), quando tirando fuori dal borsello, in sua presenza, il mio Moleskine (un noto, funzionale ed elegante taccuino) e notando che egli sgranava gli occhi osservandolo, l’ho rassicurato che per Natale gliene avrei regalato uno uguale; e per tutta risposta, mi sono sentito dire: “Che c’entri tu!, vuoi dire che Babbo Natale, me lo regala?”.
Devo confessare di aver temporeggiato non poco, prima di replicare. Mi sono tornati in mente gli occhi furbetti della sua sorellina Diana, di due anni più piccola, che già tradiscono una serena consapevolezza di quella che potrebbe essere la ‘realtà’ dietro al ‘rituale’, seppure unita al piacere di ‘stare al gioco’. Ed ho ripercorso le tappe salienti del mio personale immaginario infantile: per anni fui roso da dubbi e lacerato da incoerenze, che ‘ i grandi’ non si preoccupavano più di tanto di mascherare, in merito alla figura di Babbo Natale; arrivando persino a fare la spia dall’uscio della mia cameretta, nella notte fra il 24 ed il 25 dicembre, con l’intenzione di sorprenderlo in flagrante.
Poi, dopo questo breve excursus nei mari confusi della memoria, ho guardato Dario negli occhi ancora spalancati e resi più luminosi dai suoi occhialini alla Harry Potter, e mi sono scusato con lui, rassicurandolo sulle mie intenzioni: ovvero che avrei chiesto a Babbo (come lo chiama da sempre in tono amichevole) di portargli il piccolo dono. Quindi, cingendogli le spalle con un braccio, e con espressione complice ma pensierosa, gli ho detto che comunque qualche problema di carattere prettamente logico, sulla figura di Babbo Natale, era arrivato il momento di prenderlo in considerazione. Che abiti al Polo Nord, come si è premurato di ricordarmi, mi è parso giusto poterglielo accordare senza obiezioni. “Ma – gli ho chiesto –, come fa il pover’uomo a consegnare tutti quei doni in giro per il mondo, quand’anche concedendogli il vantaggio dei fusi orari, e quindi in appena due notti?”. Così gli ho prospettato l’ipotesi che egli, in qualche modo, possa riuscire ad avvalersi delle leggi della Teoria della Relatività di Einstein, al fine di poter operare in tutta tranquillità a ‘tempo dilatato’; oppure…, stavo continuando, intento a sciorinare qualche altra stramberia teorica della fisica dell’ultimo secolo, quando lui, con l’entusiasmo di un piccolo scienziato ansioso di esporre le sue prime scoperte, mi ha bloccato per dirmi che il problema lo aveva già risolto: in breve, mi ha spiegato che Babbo Natale, tramite un processo che potremmo definire di auto-clonazione, non fa altro che proiettare la propria coscienza in innumerevoli immagini di sé stesso (che evidentemente poi ‘si lasciano scivolare’ in tanti folti gruppi lungo i meridiani), in maniera tale da poter essere presente ovunque quasi nello stesso istante. Ed a tal punto, non mi è rimasto che ammettergli la plausibilità della teoria e rimandare ad altri tempi una eventuale opera di dissuasione.
Del resto, mi sono detto una volta rimasto solo, certe acrobazie teologiche medievali (prove ontologiche comprese), non erano meno difficili da far accettare al comune buonsenso. E poi, quante volte ancora oggi ci si ostina a costruire impalcature intellettuali, per cercare di nascondere a sé ed al mondo che, il più delle volte, ‘il Re è nudo’?
La mente umana non è certo avulsa da concetti quali l’ ‘onniscienza’ e l’ ‘onnipresenza’, necessari a Babbo Natale per carpire i desideri nascosti nelle menti dei bambini ed esaudirli tutti in una notte. Inoltre, la Meccanica Quantistica e la Teoria delle Stringhe, nel loro tentativo di dare una ‘forma’ al mondo, sono ben più complesse della spiegazione di Dario ai misteri della magica notte dicembrina. Che, peraltro, ben si inserirebbe in una visione olografica dell’universo ‘à la David Bohm’.
Perché, dunque lasciare un calderone stracolmo di credenze immutato, togliendo solo a Dario, il suo amato Babbo Natale?
Anzi, nel formulare a tutti voi i miei migliori auguri, mi viene spontaneo, a questo punto, invitarvi a mettere nero su bianco i desideri più impellenti.
Mistero in più, mistero in meno, non si sa mai…
Gianrocco Guerriero
Babbo Natale e i bambini della scuola dell'infanzia di via E. Fermi




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