A Genzano prendono il via le celebrazioni per la ricorrenza di Sant’Antonio Abate, protettore del paese

Ogni sera, infatti, a partire dallo scorso martedì, è in programma una messa con novena presso la chiesa Maria SS. della Grazie, ove è custodito un busto del santo egiziano, che, seguendo un’antica usanza contadina, viene portato in processione, a scopo propiziatorio, nel corso delle primavere poco piovose.
Mercoledì prossimo, giorno della vigilia, prenderanno già ad intensificarsi gli eventi: dopo la solita celebrazione eucaristica delle 18, cui seguirà la benedizione col SS. Sacramento, verrà acceso il classico falò nello spiazzale attiguo alla chiesa; ed assieme a quello ‘sacro’, verrà soddisfatto anche il desiderio ‘profano’ dei partecipanti-fedeli, grazie ad un apposito stand ove sarà possibile gustare panini alla porchetta. Vale la pena di ricordare che il maialino è appunto uno dei simboli atti ad identificare il Santo: il motivo è da addursi essenzialmente al fatto che gli Ospedalieri di S. Antonio (ordine monastico fondato da due nobili i quali si dichiararono guariti dall’ergotismo grazie all’intercessione dell’eremita) allevavano maiali liberi di pascolare ovunque nelle campagne sotto il dominio delle signorie medievali.
Infine, il 17 si inizierà già dalle 11 con una messa, cui farà seguito il rito di ‘ringraziamento’degli agricoltori, quindi una processione. A conclusione della quale il parroco benedirà gli animali, le macchine agricole, il fuoco e i campi. Le celebrazioni riprenderanno alle 18 ancora con una messa, stavolta presieduta dall’arcivescovo G. Ricchiuti, e si concluderanno in Piazza Duca D’Aosta con i fuochi pirotecnici cinesi della Premiata ditta Giovanni Padovano.
L’organizzazione è a cura del Comitato Festa Maria SS. delle Grazie 2008/9, appena insediatosi, e della stessa Parrocchia.
La figura dell’ abate Antonio, gioca, almeno per due motivi, un ruolo cardine, nella storia della Chiesa.
Il primo è che quando egli nacque (intorno al 251, nell’Alto Egitto), i cristiani erano generalmente mal visti: spesso si ritrovavano costretti a vivere appartati oppure a rischiare (e nei non rari casi di fanatismo, ad optare per ) un tragico martirio; quando invece morì, dopo ben 105 anni di vita meditativa, il loro culto era già stato liberalizzato da Costantino da quasi mezzo secolo (Milano, 313), e di lì a poco Teodosio avrebbe proclamato (Tessalonica, 380) ‘religione di Stato’ quella cristiana.
Il secondo ha invece a che fare con la prassi ascetica che egli fu fra i primi ad inaugurare (monachesimo) e che prevedeva un severo ritiro dal mondo. ‘Abate’, infatti, nel suo originario significato non ha nulla a che vedere con l’accezione ‘gerarchica’ consolidatasi in epoca medievale, ma sta a sottolineare piuttosto il superamento della prova di ‘introspezione’ alla quale alcuni religiosi si sottoponevano con severità nel deserto.
Tanta notorietà del Santo è essenzialmente dovuta ad una pittoresca biografia tramandataci da Anastasio di Alessandria, il quale lo conobbe nel 355 e lo elevò a simbolo di una cristianità che, ormai impostasi socialmente, non poteva che continuare a ‘lottare’ contro i pericoli nascosti nel profondo delle ‘anime individuali’.
Interessante, a tal proposito, la concezione dei ‘demoni’ propria di Antonio, secondo la quale essi (comunque facenti parte della Creazione) non hanno nessun significato al di fuori della ‘natura umana’ e bisogna imparare a ‘combatterli’ durante i lunghi periodi di solitudine forzata, quando acquisiscono il massimo della loro ‘forza’. Quindi, una sorta di giustificazione teorica alla vita eremitica quale percorso di purificazione spirituale contro un Male, di natura quasi psicologica, che viene ‘dal di dentro’; e finalizzata al conseguimento della autorità necessaria per trasmettere i valori significanti tramite la predicazione e l’insegnamento, oltre che al riscatto della propria coscienza.
Dopo la morte del Santo, le spoglie, subito venerate, furono soggette a svariate peregrinazioni, finché, nell’XI sec., approdarono in Francia. Da allora si diffuse la sua fama di guaritore dall’ergotismo (‘erpes zoster’, meglio noto come ‘fuoco di Sant’Antonio’); ed è il fuoco assieme ad un maialino, un bastone ed un libro (quello della Natura) diventarono simboli distintivi del suo potere.
Il primo è che quando egli nacque (intorno al 251, nell’Alto Egitto), i cristiani erano generalmente mal visti: spesso si ritrovavano costretti a vivere appartati oppure a rischiare (e nei non rari casi di fanatismo, ad optare per ) un tragico martirio; quando invece morì, dopo ben 105 anni di vita meditativa, il loro culto era già stato liberalizzato da Costantino da quasi mezzo secolo (Milano, 313), e di lì a poco Teodosio avrebbe proclamato (Tessalonica, 380) ‘religione di Stato’ quella cristiana.
Il secondo ha invece a che fare con la prassi ascetica che egli fu fra i primi ad inaugurare (monachesimo) e che prevedeva un severo ritiro dal mondo. ‘Abate’, infatti, nel suo originario significato non ha nulla a che vedere con l’accezione ‘gerarchica’ consolidatasi in epoca medievale, ma sta a sottolineare piuttosto il superamento della prova di ‘introspezione’ alla quale alcuni religiosi si sottoponevano con severità nel deserto.
Tanta notorietà del Santo è essenzialmente dovuta ad una pittoresca biografia tramandataci da Anastasio di Alessandria, il quale lo conobbe nel 355 e lo elevò a simbolo di una cristianità che, ormai impostasi socialmente, non poteva che continuare a ‘lottare’ contro i pericoli nascosti nel profondo delle ‘anime individuali’.
Interessante, a tal proposito, la concezione dei ‘demoni’ propria di Antonio, secondo la quale essi (comunque facenti parte della Creazione) non hanno nessun significato al di fuori della ‘natura umana’ e bisogna imparare a ‘combatterli’ durante i lunghi periodi di solitudine forzata, quando acquisiscono il massimo della loro ‘forza’. Quindi, una sorta di giustificazione teorica alla vita eremitica quale percorso di purificazione spirituale contro un Male, di natura quasi psicologica, che viene ‘dal di dentro’; e finalizzata al conseguimento della autorità necessaria per trasmettere i valori significanti tramite la predicazione e l’insegnamento, oltre che al riscatto della propria coscienza.
Dopo la morte del Santo, le spoglie, subito venerate, furono soggette a svariate peregrinazioni, finché, nell’XI sec., approdarono in Francia. Da allora si diffuse la sua fama di guaritore dall’ergotismo (‘erpes zoster’, meglio noto come ‘fuoco di Sant’Antonio’); ed è il fuoco assieme ad un maialino, un bastone ed un libro (quello della Natura) diventarono simboli distintivi del suo potere.
Una provvidenziale nevicata il 17 gennaio 554 salva Iénzano dall’invasione dei greci-bizantini
Genzano, intorno al 554 d.C., doveva essere un posto sufficientemente isolato e lontano dalle mire espansionistiche dei popoli che, in un’epoca di indiscutibile instabilità socio-politica, si contendevano le sorti dell’attuale Italia. Eppure il periodo è critico, di profondo mutamento; niente può darsi per scontato. Ci troviamo infatti in piena epoca giustiniana. L’imperatore d’oriente, appena un anno prima, ovvero nel 553, è riuscito a strappare la penisola ai Goti, al prezzo di un ventennio di duri combattimenti. Cosicché, soprattutto nei territori del Sud, imperversano arroganti turbe di greci-bizantini, ‘dopate’ dall’entusiasmo della vittoria.
Una di q
ueste, appunto, prende di mira l’allora piccolo borgo di Genzano (Iénzano), ma è inaspettatamente ostacolata dalle difese naturali (tre valloni) e strategiche (due castelli) a protezione dell’abitato. Intestarditisi, gli assalitori, dopo aver ricevuto rinforzi, decidono di ‘spezzare’ la resistenza portando un attacco dalla vicinissima collina di Monte Freddo, con l’ausilio di apposite ‘macchine belliche’. Non hanno però fatto i conti con l’inflessibile volontà degli uomini del posto e … con l’intervento di un imprevedibile ‘deus ex machine’.
Infatti, non essendovi stati cenni di resa, l’attacco definitivo viene programmato per la mattina del 17 gennaio. Ma di notte una nevicata, tramandata nella leggenda come ‘fuori dal comune’ finanche per la stagione, seppellisce letteralmente gli apparati bellici già spianati e causa inevitabili disagi all’interno dell’ accampamento nemico, di fatto ‘congelato’.
Il maltempo persiste per circa un mese e convince i bizantini, seppure a malincuore, a sciogliere l’assedio ed a ‘sfogare’ la sete di conquista sulla non lontana Oppido.
Ora, il 17 gennaio ricorreva la morte (avvenuta nel 356) del monaco eremita Antonio, presto santificato e divenuto famoso in tutto il mondo cristiano. Ci vuole poco, a metter su nessi causa-effetto, in tali casi; dunque, senza esitazioni il Santo venne acclamato protettore del paese.
Il racconto, tramandato oralmente, è stato messo ‘nero su bianco’ da Ettore Lorito nel 1949, nel suo autorevole ‘Genzano di Basilicata’.
Gianrocco Guerriero
Genzano, intorno al 554 d.C., doveva essere un posto sufficientemente isolato e lontano dalle mire espansionistiche dei popoli che, in un’epoca di indiscutibile instabilità socio-politica, si contendevano le sorti dell’attuale Italia. Eppure il periodo è critico, di profondo mutamento; niente può darsi per scontato. Ci troviamo infatti in piena epoca giustiniana. L’imperatore d’oriente, appena un anno prima, ovvero nel 553, è riuscito a strappare la penisola ai Goti, al prezzo di un ventennio di duri combattimenti. Cosicché, soprattutto nei territori del Sud, imperversano arroganti turbe di greci-bizantini, ‘dopate’ dall’entusiasmo della vittoria.
Una di q

Infatti, non essendovi stati cenni di resa, l’attacco definitivo viene programmato per la mattina del 17 gennaio. Ma di notte una nevicata, tramandata nella leggenda come ‘fuori dal comune’ finanche per la stagione, seppellisce letteralmente gli apparati bellici già spianati e causa inevitabili disagi all’interno dell’ accampamento nemico, di fatto ‘congelato’.

Ora, il 17 gennaio ricorreva la morte (avvenuta nel 356) del monaco eremita Antonio, presto santificato e divenuto famoso in tutto il mondo cristiano. Ci vuole poco, a metter su nessi causa-effetto, in tali casi; dunque, senza esitazioni il Santo venne acclamato protettore del paese.
Il racconto, tramandato oralmente, è stato messo ‘nero su bianco’ da Ettore Lorito nel 1949, nel suo autorevole ‘Genzano di Basilicata’.
Gianrocco Guerriero
5 Comments:
At 10:20 AM ,
icgbloggers said...
E' stata una bella festa e speriamo che S. Antonio ci protegga.
At 10:22 AM ,
icgbloggers said...
Durante la processione io stavo su un cavallo di nome Italia.
At 10:23 AM ,
icgbloggers said...
Molto bello è stato quando la statua di S. Antonio è stata girata verso le campagne per la benedizione.
At 10:25 AM ,
icgbloggers said...
Volevo portare il mio cane per la benedizione, ma era troppo grande e l'ho lasciato a casa.
At 10:26 AM ,
icgbloggers said...
Io ho portato i conigli per la benedizione.
Post a Comment
Subscribe to Post Comments [Atom]
<< Home