ISTITUTO COMPRENSIVO DI GENZANO DI LUCANIA

Una coomunity di apprendimento centrata sui problemi della scuola.

Sunday, January 27, 2008

I RIFIUTI DI UN TEMPO

Se chiediamo ai nostri nonni di parlarci del problema dei rifiuti ai loro tempi, ci risponderanno così: “ai nostri tempi il concetto di immondizia era del tutto assente”. Le cose, infatti, funzionavano così. Tutto ciò che di organico restava dopo il pasto veniva prontamente e completamente riciclato: le sostanze vegetali (bucce di patata e cocomero, torsoli di broccolo e di mela, resti di verdure, bucce di piselli, fave, cavoli) finivano, misti a crusca ed acqua calda nel truogolo dei maiali che ogni famiglia allevava.
Residui più nutrienti (ossa, interiora, scorze di formaggio, resti di polli ecc…) costituivano la base della zuppa per i cani: allora non esistevano i consumistici barattoli di cibo per animali domestici.
Tutto il resto (briciole di pane, pulitura di riso, lenticchie bacate, semi di melone e cocomero ecc…, andava sulla concimaia per la gioia del pollame ruspante.
La carta, oleata o gialla, con cui i negozianti avvolgevano i cibi, dal tonno alle acciughe, dal sale ai fagioli, serviva per accendere i fornelli, le stufe e i camini. Le cotenne del lardo, lo strutto irrancidito e altre sostanze grasse non utilizzabili più in cucina andavano, con la soda caustica, nel calderone con cui si faceva il sapone.
La cenere dei camini, dei fornelli e delle stufe, con qualche foglia di alloro, si stendeva sul bucato per ottenere un lavaggio perfetto.
I barattoli di conserva costituivano vasi ideali per il basilico ed il prezzemolo, la maggiorana, la salvia, le bottiglie usate venivano impiegate per imbottigliare il vino migliore e i pomodori in conserva.
I fondi di caffé finivano come fertilizzante, ottimo, sulle piante da fiore.
Insomma un riciclaggio completo.
E non parliamo di un secolo fa, ma di appena una quarantina di anni fa,, e precisamente dopo la seconda guerra mondiale.

LE DISCARICHE
Che fine fanno i rifiuti dopo essere stati raccolti?
Una parte consistente viene utilizzata per riempire grandi buchi nel terreno, come le vecchie cave. Questi particolari depositi di rifiuti si chiamano discariche interrate, ogni giorno, sopra l’immondizia, viene steso uno strato di terra che impedisce agli uccelli , ai topi di nutrirsi e di moltiplicarsi sui mucchi di rifiuti. Questi animali, infatti, possono diffondere germi e malattie. Dopo alcuni anni, sulla terra che ricopre la discarica si possono costruire case o campi da gioco, piantare gli alberi o seminare cereali. Le discariche interrate sono il modo più economico per liberarsi dei rifiuti, ma sono spesso lontane dalle città e il trasporto è costoso. Inoltre possono danneggiare l’ambiente: se i rifiuti tossici, come il mercurio delle batterie, passano dalla discarica al terreno, lo inquinano.


BRUCIARE I RIFIUTI
Un altro sistema per liberarsi dei rifiuti è bruciarli in una grande macchina chiamata INCENERITORE (TERMOVALORIZZATORE). Ma costruire e far funzionare un inceneritore è molto costoso e in realtà solo una piccola percentuale di rifiuti si elimina con questo sistema. Il calore prodotto bruciando i rifiuti può essere utilizzato per riscaldare le case o per produrre energia elettrica. Dopo aver bruciato le immondizie resta solo una piccola quantità di rifiuti, che non diffondono più malattie e si possono riutilizzare, ad esempio, per costruire strade. Ma se un inceneritore non funziona bene o non brucia i rifiuti a una temperatura sufficientemente elevata, il fumo e i gas nocivi (diossina) che fuoriescono dalla ciminiera possono inquinare.

Gli alunni della classe 5A


Breve ontologia semi-seria del concetto di ‘spazzatura’

I grandi problemi dell’umanità assomigliano ai grandi fiumi: se non si prendono le dovute precauzioni a tempo debito, prima o poi straripano.
Ora, la situazione attuale, è grossomodo la seguente.
I disastri ambientali, dovuti ad un selvaggio abuso della tecnologia potrebbero portare al collasso ecologico del Pianeta. Il condizionale è d’obbligo a causa della grande sensibilità alle ‘condizioni iniziali’ delle equazioni che descrivono l’evoluzione dei fenomeni atmosferici; risultato teorico, questo, meglio noto col nome di ‘effetto farfalla’.
L’abissale disparità di reddito pro-capite fra gli abitanti del Nord e del Sud del Globo, crea un gradiente economico che è causa di ingenti flussi migratori, all’origine di deprecabili reazioni xenofobe e di prese di posizione fondamentaliste, soprattutto di natura religiosa.
Il pericolo di una terza guerra mondiale, per semplici questioni di monopolio energetico, è sempre dietro l’angolo; e le ‘democrazie’ sono di fatto tutt’altra cosa, rispetto a ciò che, su base prettamente etimologica, pretendono di apparire. Su questo tema, ad esempio, Eric J. Hobsbawm (in “La fine dello Stato”, Rizzoli, 2007) è riuscito a restituire davvero una lucida analisi.
E, ‘foetidus in fundo’, sta venendo a galla, ad ogni scala del ‘frattale sociale’, la questione dei rifiuti; sotto diversi aspetti: raccolta, deposito, smaltimento, separazione ed eventuale riciclo. Un problema così attuale e scottante, da meritare una lucida analisi, seppur breve. Poiché afferrare l’essenza nascosta che si annida sotto la superficie delle parole, spesso significa non solo imparare ad utilizzarle meglio ed a nutrire per esse il dovuto rispetto, ma anche ad agire con più cognizione di causa.
Ebbene, chiediamoci allora cos’è mai, ontologicamente parlando, questa ‘spazzatura’ intorno alla quale tanto ultimamente si discute E rispondiamo, com’è prassi consueta in ogni tentativo d’edificazione di un modello teorico, semplificando un po’ i termini, ovvero mettendo da parte i dettagli forvianti.
Dunque, cominciamo con l’assimilare la ‘macchina sociale’ ad una scatola chiusa. Non ci interessa ciò che contiene. Basti solo rendersi conto che, per conservare la sua efficienza, essa necessita di un flusso costante di ‘energia’ entrante, il quale, dopo essere stato metabolizzato, produce un più modesto flusso di ‘scorie’ da espellere fuori dalle ideali pareti immaginarie che la isolano. È appunto questo ‘residuo’ – tanto più consistente quanto maggiore è il livello d’ordine da ‘nutrire’, e quindi più intensa la ‘fame’ d’energia del sistema – che chiamiamo ‘spazzatura’.
Nulla di strano, in fin dei conti. Che le cose debbano necessariamente andare così, deriva da un ferreo ‘comandamento’ di Natura, conosciuto come ‘principio di degradazione dell’energia’ (o ‘legge dell’entropia’). In sostanza, semplificato al massimo, esso afferma che non sono possibili trasformazioni spontanee che riescano ad aumentare (o anche solo a conservare) lo stato d’ordine di un ‘sistema isolato’; e che quando ciò si renda possibile assorbendo ‘ordine’ (e quindi energia) dall’esterno, occorre sempre pagare uno scotto di ‘energia sporca’ (disordine) da restituire all’ambiente, di modo che nel suo insieme, l’Universo continui a scivolare lentamente verso il caos.
Ad esempio, le piante, per crescere e magari fiorire (aumentando così la loro complessità, funzione dell’ ordine intrinseco), devono nutrirsi di luce e di CO2 liberando ossigeno. Ma la Natura sa ben ottimizzare i suoi processi, e quindi, in qualche modo, ha fatto sì che alla vita animale la molecola di O2 fosse indispensabile, assieme ad altri elementi quali l’acqua, le proteine, le vitamine ecc.; e che l’ ‘animale’, anch’esso suddito dell’inviolato ‘principio’, si ritrovasse costretto ad elargire il suo pedaggio alla Vita sotto forma di materia organica, riciclabile dallo stesso regno vegetale. Di modo che il ‘circolo’ possa sempre chiudersi con la massima ottimizzazione del ‘dono’ solare.
Le automobili, le fabbriche ed i restanti marchingegni escogitati dall’uomo, invece, non sono calettati al ‘resto del mondo’ con la stessa sapienza organizzativa; ed il ‘disordine’ che generano è destinato ad accumularsi, andando, sul lungo periodo, a minare il delicato equilibrio del Pianeta.
Ben vengano, dunque, i tentativi di raccolta differenziata dei rifiuti ed il conseguente riciclo, che altro non rappresentano se non un timido tentativo di confarsi alla saggezza di madre-Terra.
Cosicché, alla fine, tutto ruota attorno al ‘secondo principio della termodinamica, unica causa all’origine d’ogni forma più o meno ‘nobile’ di spazzatura.
Detto ciò, possiamo passare dal mondo delle Idee a quello, molto più prosaico, dei fatti.
Mi è capitato di leggere, alcuni giorni or sono (scrivo il 16 gennaio 2008) sul Corriere della Sera, un intervista fatta telefonicamente al nostro Governatore di Basilicata a proposito del suo ‘no’ alla spazzatura napoletana in terra lucana, proferito a Prodi. Ebbene, quello che emergeva da questa importante ‘vetrina’ nazionale era un rifiuto timido, circospetto, ovattato da tanta paura di dispiacere al ‘capo’, e scevro di quel sano e dignitoso orgoglio che dovrebbe appartenere ad ogni buon rappresentante di popolo (a scanso di equivoci, chi scrive è da annoverarsi, per sentito appoggio a quel che considerava essere il ‘male minore’, fra gli elettori dell’attuale Governo).
Del resto, se finanche la piccola regione che abitiamo – la quale può vantare un rapporto territorio-popolazione tale da garantire consistenti porzioni di ‘natura’ per abitante – ci si arrabatta sul tema dello smaltimento dei ‘propri’ rifiuti (la recente diatriba comunale sulla questione-discarica a Genzano funga da piccolo, significativo esempio), come avrebbe mai potuto, il povero Governatore, addossarsi il rischio dell’ira dei suoi fedeli votanti accettando addirittura spazzatura d’oltre confine?
Ed a proposito di ‘natura’, vorrei, a questo punto, concludere con una osservazione un po’ più profonda.
Mi risulta (e devo ammettere che quando l’ho scoperto ho sentito istintiva ammirazione nei suoi confronti) che De Filippo, prima di imbarcarsi nello sporco mare della Politica, abbia a lungo navigato nei cristallini oceani della Filosofia, distinguendosi, in particolare, come studioso di Benedetto Spinoza: il filosofo di origini ebraiche (ma ateo) del Deus sive natura ( Dio, ovvero la natura).
Or dunque, se questa è la formazione di base, allora, che tanto rispetto egli voglia trasmettere alla sua gente anche a proposito dei vilipendiati ‘rifiuti’, già sopra ontologicamente riscattati e, dal punto di vista panteistico del pensatore olandese del XVII secolo, addirittura, per questioni di coerenza di pensiero, da elevare ad ‘attributo divino’!
Certo è, comunque, che riguardandolo sotto tale ottica, il problema potrebbe risultare più facilmente risolubile. Se non altro per ‘rispolverata’ dignità dell’oggetto in questione..
Senza contare che, a voler scavare ancora più a fondo nella ‘natura delle cose’, niente ci assicura davvero che finanche noi stessi – esseri biologici presuntuosi e con innata tendenza all’autodivinizzazione –, da un punto di vista ontologico più sottile, potremmo non costituire altro che il mero ‘prodotto intermedio’ di un qualche più fondamentale processo guidato dall’ ‘economia’ nascosta di questo spinoziano universo-dio. E quindi, nient’altro che SPAZZATURA.

Gianrocco Guerriero

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